Il 20 febbraio 2016 se n’è andato un'icona della nostra cultura, uno dei simboli della letteratura moderna.
Mi chiedo chi ieri, postando frasi dai suoi libri,
abbia veramente letto Umberto Eco. Succede sui social che alla morte di un
grande personaggio per due giorni (non di più) ognuno posti frasi, foto, pezzi
di film, di libro o di canzoni. E’ morto Umberto Eco uno scrittore che ho amato
e odiato, un filosofo e semiologo autore di numerosi saggi di semiotica,
estetica medievale, linguistica e filosofia. Laureato in filosofia, docente di
estetica, professore dal 1975 al 2008 all’Università di Bologna, Dottore
Onorario nelle università di tutto il mondo. Lo scrittore per eccellenza di
Einaudi aveva 84 anni anche se la sua vita così intensa, i suoi continui
viaggi, incontri, tesi, studi, esperimenti l’hanno fatta sembrare infinita. Ero
quasi convinta fosse immortale, una vita non poteva bastargli.
Dal mio punto di vista ha eccelso più come umanista
che come narratore di storie, eppure riconosco il genio del pensiero, l’artigiano
della parola, l’uomo che ha lasciato in eredità un patrimonio letterario importante
e ha dedicato una vita a questo. La sua narrativa, invece è per me un po’
barocca, eccede in descrizioni, spesso ripetute e, a volte, in sfoggio di
erudizione. Lo apprezzo assolutamente molto di più per i suoi saggi e tesi che non sono mai giornalistici
ma mostrano l’anima, paradossalmente trovo caldi alcuni suoi saggi e spesso
fredda la sua narrazione.
“Storia
della bellezza", "Storia della bruttezza", "Vertigine della
lista”, vanno oltre il testo
documentaristico, colgono la vita, il calore delle cose, la lettura scorre, i
concetti più difficili sono improvvisamente leggeri e ci si trova a curiosare
tra termini, concetti, pagine di Storia, Filosofia, Arte, senza mai pensare che
l’autore si metta in cattedra.
"Storia delle terre e dei luoghi leggendari" è un viaggio tra terre e luoghi immaginari e reali che hanno formato la nostra Conoscenza:
i luoghi della Bibbia, le terre di Omero, il regno di Avalon e il mondo di re
Artù, l’Oriente dei primi esploratori, l’America di Colombo. Un libro senza
tempo.
Per quanto, come ho detto, lo preferisca come
umanista, trovo che la narrativa de “Il nome della rosa” sia un capolavoro ( 14
milioni di copie vendute), l’ho amato da subito e mi è rimasto dentro a fine
lettura per giorni. Un capolavoro è di certo anche “Il pendolo di Foucault” ma
non è nelle mie corde e ho faticato a leggerlo, Eco qui si perde ( volutamente )
tra una marea di informazioni e congetture sui complotti dei Templari dal
Medioevo all’Epoca attuale e mi ha ubriacata di concetti, eppure per molti
questo testo è la sua opera migliore.
Sono però sempre stata consapevole di trovarmi al cospetto di uno degli ultimi grandi intellettuali che ha lasciato un patrimonio letterario e
culturale inestimabile, ho continuato a comprare i suoi libri, alcuni li ho
amati altri non li ho sentiti miei come “Il cimitero di Praga”, ho avvertito
una trama poco avvincente ma scritta in modo sublime, dopo un inizio pieno di
premesse il mio piacere alla lettura si è interrotto per eccessi di analisi.
Con “Baudolino” è tornato il piacere di leggere l’Eco
narratore, qui l'autore ha creato un personaggio avventuroso e riflessivo, errante e
bugiardo, saggio e comico. Un piccolo contadino conquista il grande Federico
Barbarossa e ne diventa figlio adottivo. Dentro la burla vi è tutta la profondità del pensiero. La storia è raccontata da un anti-eroe, sono le
avventure di un uomo che mostra tutte le sue fragilità, i disagi di una società
in trasformazione e di una politica feroce.
Poi sono ricaduta ancora in un libro che non ho capito, non
ho assorbito, ho chiuso dopo poche pagine: “Anno zero”, una superba analisi del
giornalismo che sta perdendo etica per il profitto, la sindrome del complotto. Eco azzarda nuovamente un’impresa ambiziosa: la descrizione della macchina dell’informazione
in cinquant’anni di storia e … mi sono persa anche io.
Ci tengo quindi a dire che, prima di scrivere fiumi di
elogi e parole, nozioni copiate da wikipedia e commenti su libri non letti su
un’icona della nostra Letteratura, desidero dimostrare perché lo amo e lo detesto
(uso il presente perché le sue opere lo rendono immortale).
Eppure la sua assenza da adesso in poi nel mondo
letterario e culturale si fa sentire, è una voragine. Sono rimasti pochissimi i
veri intellettuali, coloro che incuriosiscono con il piacere del Sapere, che
sviscerano la Parola. Eco era un cultore della parola e sapeva usarla come arma
e come mezzo per tentare una rivoluzione culturale, amava i voli impossibili
del pensiero, cercava la verità nel profondo, sollevava in superficie l’ignoranza
nel tentativo di debellarla. Il sommo professore sprigionava energia, teneva
saldo il rapporto tra autore e lettore. Ha fatto della sua vita una battaglia
per tenere accesa la fiamma del Sapere e della Bellezza, la sua è stata una
ricerca stilistica e filosofica capillare. Amava circondarsi dei suoi studenti
che spesso lo raggiungevano a qualche bar di Bologna a fine lezione, la Cultura
doveva vivere, contagiare, crescere come quei ragazzi. Dal 1975 al 2008 è stato professore all’Università
di Bologna, ha rappresentato il simbolo dell’accademico eppure era anche un
godereccio, un amante della semplicità e dei gesti genuini, adorava stare con i
giovani.
La critica, che in questi giorni successivi alla sua
morte lo elogia, lo ha attaccato spesso definendolo troppo cerebrale, barocco
nelle sue esternazioni, accademico.
Umberto Eco, invece, ha dimostrato anche di sapere
scrivere per i giovanissimi, con una scrittura quasi fiabesca e un linguaggio
leggero e avvolgente. Solo un abile artigiano del Sapere può spaziare e
sorprendere con stili diversi come Eco
Anziché le solite citazioni, quindi, chiudo con il
modo migliore per onorare Umberto Eco: un consiglio di lettura per le future
generazioni: ragazzi, leggete “La storia
de I Promessi Sposi raccontata da Umberto Eco”
la vita di Renzo e Lucia, in una Lombardia dominata da un potere di spregiudicati
nel periodo terribile della peste e della
rivoluzione. Eco, qui, ha utilizzato vocaboli come bullismo
e mafia, per trasportare quelle
vicende ai nostri giorni. Una bella lezione di vita.
21
febbraio 2016
Simona
Bertocchi
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