Tratto da NEL NOME DEL FIGLIO - romanzo storico di Simona Bertocchi - Giovane Holden Edizioni .
Ogni giorno scrivo attingendo
alla mia memoria e alle mie conoscenze per narrare la mia storia alla corte dei
Cibo Malaspina. Gli occhi vedono sempre meno, rileggo a fatica gli epistolari
di famiglia, quelli amorosi, le copie degli atti sottratti, le relazioni dei
funzionari e militari di corte. Ho una vita da raccontare, ormai confondo il
presente con il passato, vedo figure antiche, sento la voce dei miei cari,
rivivo tutto sulla mia pelle, piango e rido nel mio viaggio nella memoria.
Immagini, voci, volti, odori, sensazioni si agitano nella testa: le grida e le
risate di Ricciarda, le sue lettere, i papi, i re, l’anello del cardinale, i
banchetti avvelenati, l’inchino dei mercanti, le poesie nei salotti, le teste
mozzate, gli occhi di mia figlia, il suo bacio con Giulio, le mani di Serperi
su di lei, il ghigno di Elena, i sorrisi di Caterina, l’abbraccio di Eleonora,
i patiboli, le campane a morte e quelle che annunciavano una nuova vita. Voglio
che il piccolo Giulio conosca la storia dei suoi genitori e sappia da quale
destino l’ho salvato; voglio che le vicende di Ricciarda, del cardinale e di
Lorenzo siano note a tutti e che tutti conoscano cosa si nascondeva dietro
quella figura di autorevoli reggenti. Ecco ora ho scritto tutto, ho inserito
anche le poesie tra resoconti di guerre e di morti.