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venerdì 26 aprile 2013

DUE GENI DEL CINEMA ( di Simona Bertocchi)

WOODY ALLEN
Il talento di Woody Allen si fa strada  quando l'artista aveva soli 17 anni, allora Woody scriveva gag per comici e produttori televisivi , fu notato e  assunto dal NBC. E’ sua le scenografia per il cinema di Ciao Pussicat, siamo nel 1965. Il suo primo film da regista fu l'indimenticabile "Prendi i soldi e scappa."
Il suo cinema trova ispirazione nella scuola bergmaniana, Allen però aggiunge gli ingredienti che saranno il marchio del suo stile inconfondibile:  ironia, ritmo e studiata leggerezza ( impresa in cui solo un genio può riuscire). Il tema centrale delle sue opere è il  rapporto controverso  con il mondo che lo circonda, egli fatica ad adattarsi e accettare quella società , l'unico modo per sopravvivere è ripararsi con l' ironia e la fantasia da filtrare con sapienza nelle piaghe della realtà, creando spesso situazioni grottesche. Molti intellettuali, tuttavia, lo vedono come un ebreo misantropo e privo di etica, un fanatico nazionalista.
Zelig è il suo primo capolavoro, è la riflessione sulle difficoltà di integrazione che ha individuo nella società, è una critica al conformismo, nel film si raccontano le vicissitudini di un uomo che per piacere agli altri assume le loro sembianze, è un continuo entrare e uscire dalle varie personalità che popolano la società.
Le sue due compagne di vita sono state due donne di fortissimo temperamento : Diane Keaton e Mia Farrow, personaggi femminili di molti suoi film. La protagonista indiscussa delle sue opere è , però, New York, città natale in cui ambienta quasi tutti i film . Altra sua passione è la musica, il jazz in primis . La grande mela e il jazz, sono l'anima di pellicole indimenticabili come Manhattan e Radio Days.
Per quanto sia uno dei registi più amati, il suo unico Oscar risale ai tempi di Io e Annie nel 1977.
Dopo un periodo buio a metà degli anni Novanta, a causa di problemi familiari e pratiche giudiziarie per alla burrascosa rottura con la Farrow, la fortuna di Woody si deve anche alla collaborazione con Spielberg su commedie di successo come Accordi e disaccordi e La maledizione sello scorpione di Giada.
Sono venticinque i film della sua “commedia umana”. Il suo umorismo è tenero e goffo e l'ironia è graffiante mai banale. Dall'american dream di  Manhattan al sogno irreale di La rosa purpurea del Cairo (1985) o ancora l'amore controverso  di Hanna e le sue sorelle o la cruda realtà di vita di Mariti e Mogli (1992), Woody Allen è un regista geniale a creare le nevrosi e le fragilità della realtà, i suoi eccessi, i sentimenti.
A 70 anni gira il film Melinda: il primo film in cui l'autore sembra osservare con odio l'ambiente intellettuale della sua città. Mentre il mondo si muove in guerre senza fine e disastri economici, i suoi protagonisti intellettuali si consumano in lunghi discorsi idealistici che non portano a niente. 
La prova che Woody ha mutato il suo cinema si ha con Match Point. Intanto manca la sua musa New York e neppure l’ironia graffiante o quella goffa leggerezza. Tutto, di colpo, è cambiato: in questo film c’è Londra, la ricca borghesia, una storia classica d'amore, di morte e dei destini del caso, una vicenda intrigante, certo, un delitto senza castigo ma ….NON C’E’ IL MARCHIO ALLEN, sembra diretto da un altro.
Altro film che sembra non appartenergli ( è un mio parere personale ovviamente) è Vicky Cristina Barcelona e poi ancora Midnight in Paris. Film piacevoli, con una bellissima fotografia, zoom sull'architettura e su angoli di cultura ma anche personaggi e stili di vita stereotipati di un Europa che non esiste più. 
In attesa di farmi sorprendere da un'altra fase del suo genio per il cinema , mi godo le note jazz del suo clarinetto.

FRANCOIS TRUFFAUT
Francois Truffaut , nato nel febbraio del 1932, smette di studiare giovanissimo, ma continua a consumare in modo bulimico libri e film. E’ così che diventa un eccezionale critico cinematografico e, in poco tempo, uno dei più grandi scrittori di cinema.

Sua madre è giovanissima e il patrigno riconosce il frutto di quel rapporto occasionale solo dopo tanti anni. Adolescente difficile e ribelle, abbandonato a se stesso da genitori distratti e poco presenti, ha un rapporto conflittuale con la madre. Il piccolo François evita anche la scuola e si rifugia nelle sale cinematografiche di Pigalle.Le vicende adolescenziali di Truffaut saranno poi ricordate nei sui film e impersonate da Antoine Doinel.
Grazie all’amicizia con il grande critico René Bazin, suo punto di riferimento, esordisce giovanissimo come critico su importanti riviste di cinema.
Negli anni Cinquanta si occupa di critica cinematografica e nel 1958 redige sulla rivista “Arts” il manifesto del nuovo cinema francese d’autore, conosciuto come Nouvelle Vague.
Truffaut è un intellettuale inconsapevole, si nutre. anzi, si abbuffa,  di letteratura e cinema,  assorbe l’arte,  si circonda di “piccoli uomini” , “piccole donne” e piccoli gesti , ha bisogno di sentire pulsare il sentimento tra la gente. E' un uomo che riesce a intrecciare in modo naturale e armonico cinema e letteratura . ‹ Per me il cinema è arte della prosa. Definitivamente. Amo la prosa poetica di Cocteau, Audiberti, Genet, Queneau... Se non avessi fatto il regista avrei fatto l’editore.>

E’ anche un uomo travagliato che vede nell’arte l’unica salvezza, che si rifugia in un mondo (quello del cinema e della letteratura) tutto suo e crea in modo quasi nevrotico film su film, poichè, egli crede fermamente che fuori da questo mondo c’è la nostra indifferenza, l’egoismo, l’intolleranza che stritolano e distruggono i sogni.
Da adolescente scrive continuamente testi, ma abbandona subito la forma del romanzo d’evasione per dedicarsi al giornalismo cinematografico. Truffaut ha un modo di pensare visivo, sollecitato dal fascino della gente, vede la realtà in tanti fotogrammi conseguenti con l’aggiunta di dettagli mai superflui.
I suoi film sono dei veri capolavori del cinema d’autore :
I quattrocento colpi . Antoine Doinel, personaggio principale di tanti film successivi, figura autobiografica del regista , dà vita alla difficile giovinezza di Truffaut: il piccolo Antoine, trascurato da genitori distratti, ha un forte vuoto e per aggravare la sua situazione finisce in riformatorio fino alla fuga lungo una strada bianca e polverosa.
Nel 1961 compare sugli schermi il suo capolavoro Jules e Jim, una di quelle opere capaci di sfidare il tempo. Siamo negli anni precedenti alla prima guerra mondiale , Jules e Jim sono amici-rivali, amano Catherine ( interpretata da una J. Moreau eccezionale) , attratta da ambedue. Tutti e tre vivono intensamente la «vie de bohème» parigina ma anche lo scoppio della guerra che li farà allontanare per poi incontrarsi ancora in un clima di disperazione e desolazione con un finale  imprevedibile e molto forte.
La sposa in nero ( 1968) mette ancora in scena una memorabile J. Moreau che interpreta una donna vendicativa verso i cinque uomini che hanno causato la morte del suo futuro marito. Ne uccide quattro, non sa, però  come fare con il quinto, che nel frattempo è finito in prigione. Un noir dall'equilibrio perfetto e dalle tonalità algide e insieme folli.
Nel 1966 osa un testo di fantascienza: Fahrenheit 451 (da un romanzo di R. Bradbury) drammatico e inquietante rappresentazione di una futura società despota intollerante verso la libera conoscenza al punto di bruciare i libri.
Nel 1968 realizza un film più leggero e accattivante : Baci rubati . I personaggi si incrociano, si rincorrono, si amano, si abbandonano senza ragioni. Nonostante il contenuto , apparentemente frivolo , risulta un film concreto e essenziale.
Non drammatizziamo … è solo questione di corna (1970) è ancora storia audace di Antoine Doinel sul matrimonio e sui tradimenti coniugali.
Con Adele H. , una storia d’amore ( 1975) realizza sullo schermo la singolare vicenda della figlia secondogenita dello scrittore V. Hugo, Adele ossessionata da un amore disperato per un uomo che la rifiuta.
Tra la metà e la fine degli anni ’70 ecco la sua più bella trilogia: Gli anni in tasca, l’Amore fugge, L’uomo che amava le donne.
L’ultimo metrò (1980) denota la maturazione dell’autore: al teatro Montmartre, in una Parigi occupata dai nazisti, si porta in scena una nuova commedia. Coprifuoco, strade buie e deserte, e l'ultimo metrò da prendere. La direttrice del teatro è una splendida C. Deneuve , la quale nasconde dei sotterranei il marito ebreo.
La signora della porta accanto (1981) è la penultima opera di T.., tratta di una passione cieca, di un amore coinvolgente fino all'estremo atto. Un uomo e una donna , ( Fanny Ardant e Gerarde Depardie) sono ex amanti e diventano vicini di casa. Sposati da anni non sanno resistere all’antica passione. Nascono e si sviluppano incontri clandestini, intensi, quasi feroci. I due scoprono tuttavia che la vita li ha irrimediabilmente divisi. Ma l'attrazione reciproca è così totalizzante che non resistono alla verità e si uccidono durante un ultimo, distruttivo amplesso. Un melodramma raffinatissimo e agghiacciante, dipinta di un erotismo garbato e intenso.
Truffaut muore il 21 ottobre del 1984, lasciando l'eternità dei film.
Simona Bertocchi



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Simona Bertocchi è nata a Torino, toscana di adozione, vive attualmente a Montignoso, provincia di Massa Carrara. Lavora nel settore del turismo, ma l’altro mestiere, ormai in parallelo, è scrivere. Nel 2016 ha festeggiato I suoi 10 anni di carrier letteraria reglandosi il suo ultimo libro. Al momento ha 7 libri editi, alcuni dei quali giunti alla seconda edizione. Tanti i media che si sono occupati della promozione e recensione delle sue pubblicazione dalle testate giornalistiche, alle radio, alle televisioni nazionali e locali. Si occupa anche di volontariato essendo segretaria di uno sportello d'ascolto anti violenza. E’ appassionata di viaggi, di letteratura e di tango (che balla da qualche anno) Organizza e conduce salotti culturali e letterari in Toscana in collaborazione con importanti associazioni culturali, case editrici e librerie. SITO INTERNET: http://www.simonabertocchi.it